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Giornalista di lungo corso con un passato da velista di tutto rispetto. Giulio Guazzini, è una delle voci storiche dello sport sulle reti Rai. Della regina delle regate, l’America’s Cup, ha seguito 13 edizioni, comprese le prodezze di Luna Rossa, raccontate sempre in diretta riuscendo a buttare giù dal letto a orari impensabili i telespettatori italiani. Ma anche per altre discipline ha firmato la telecronaca di momenti memorabili. Suo è il record di medaglie d’oro commentate in diretta sugli schermi nazionali per i Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Da ottobre, su Rai 2 e Rai Sport è tornato a raccontare storie in accordo con acqua e sport, nel programma L’uomo e il mare, giunto all’ottava edizione. Della Lega Navale è socio benemerito ma il rapporto di amicizia e collaborazione con la rivista Lega Navale ha origine sin dagli anni ‘70.

 

Il suo nome è legato alla vela in tv. A parte le telecronache, ogni settimana con una rubrica racconta questo sport ma anche le storie dei protagonisti.

Quello a cui tengo è andare oltre il risultato e la prestazione. Mi piace raccontare le storie di chi fa questo sport. Il velista da sempre è portatore dei valori del mare, dell’ecologia e del nostro Paese. E poi voglio andare contro i luoghi comuni. La vela è ancora considerato uno sport per ricchi, mentre è un settore che traina una economia. La prima trasmissione, Vela a vela, è di 27 anni fa. Era un rotocalco in collaborazione con la federazione. Poi sette anni fa, con il nuovo direttore di Rai Sport, Gabriele Romagnoli, abbiamo pensato a questo nuovo programma per cui ho raccolto ottimi riscontri. Quest’anno abbiamo più visibilità perché andiamo in onda sia su Rai Sport Hd sia su Rai 2.

I protagonisti non solo di oggi ma anche del passato.

Abbiamo dedicato uno speciale ai 500 anni di Antonio Pigafetta, in pratica il primo a raccontare il giro del mondo. Vorrei replicare sui grandi navigatori e protagonisti della Marina. Abbiamo la fortuna di avere un emblema come il Vespucci, perciò mi piacerebbe fare uno speciale sulle navi scuola. E poi sarebbe bello anche su Palazzo Marina, un monumento importante per l’Italia e Roma in particolare.

Non solo vela. A Tokyo ha commentato ben tre medaglie d’oro.

Quella di Tokyo è stata un’olimpiade particolare per colpa del covid. Eravamo costretti a rimanere in una stanzetta davanti a un piccolo schermo. Ho commentato però tre ori che mi piace ricordare: Vito Dell’Aquila nel taekwondo, Ruggero Tita e Caterina Banti per la vela e Luigi Busà per il karate. Per me è stato un record.

La vela è cambiata. Oggi la tecnologia supera l’uomo?

Mi sono fatto spesso questa domanda. L’ultima Coppa America è stata molto tecnologica, contraddistinta dai foil. Il bello della vela, però, è che lascia ancora molto spazio a valori e intuizioni. La differenza la fa sempre l’uomo. La tecnologia oggi è preponderante. Senza, non si hanno chance. Ma anche ai primissimi stadi, c’è tanta tecnologia. Credo tuttavia sia ancora importante il carattere, la conoscenza del mare, una certa predisposizione a confrontarti con gli elementi e l’esperienza. Poi c’è un discorso di sicurezza con il quale prima o poi anche i progettisti dovranno fare i conti.

Si riferisce al fatto che le barche sono sempre più veloci?

Sì, si spingono al limite. Entrano nei box a una velocità elevatissima. È vero che si confrontano lungo percorsi costieri per cui non ci sono problemi di recupero in caso di avaria ma superano i limiti. Ritengo che una delle caratteristiche di ogni imbarcazione sia quella della sicurezza, ovvero mantenere l’incolumità della barca e dell’equipaggio.

La vela è cambiata. Lo dice anche da velista?

Ho fatto vela d’altura, in totale nove traversate atlantiche. Non c’era molta tecnologia. Era molto bello, c’era di più l’aspetto avventuroso e i contatti erano con i radioamatori. Adesso la tecnologia garantisce più sicurezza e l’asticella si è alzata. La vela forse allora era più divertente, era vivo lo spirito goliardico e di amicizia. Oggi sembra più di stare in Formula 1. Ci siamo abituati a un mondo più veloce. Si punta all’estremo.

Un’emozione che vuole ricordare?

Il ricordo del rientro da una regata d’altura, dopo tanti giorni di navigazione. Le barche sono degli amplificatori di emozioni; puoi essere estremamente esaltato o depresso. Dipende da molteplici fattori. Nel 1983 feci una regata e quando tornai a Caorle fu una bellissima emozione. Come giornalista ricordo la medaglia d’oro a Sydney di Alessandra Sestini, la prima per una donna nella vela. Insieme a Mauro Pelaschier, prendemmo una barca in affitto. Rischiammo. Il collegamento affidato a un telefono di allora poteva anche non funzionare ma ci riuscimmo. Commentammo dal mare la vittoria di una vera fuoriclasse. Fu un’emozione unica.

È stato suo padre a trasmetterle questa passione?

Io e mia sorella fin da piccolissimi siamo stati messi in barca da nostro padre, che era in Marina. Allora c’erano i super ricchi o le barche piccole. Mio padre ne aveva una da sei metri. Per tre mesi l’anno eravamo dei piccoli lupi di mare.

I giovani di oggi hanno altre occasioni.

La vela è tutta pratica. Ho capito che è molto più importante l’esperienza che la teoria. Oggi ci vuole anche molta preparazione tecnologica ma parliamo di livelli alti. Ci tengo che proseguano i velisti a vincere mantenendo il legame con la tradizione partendo dalle barche più semplici. Anche su una barca superiore è importante avere un contatto pratico con il vento, il mare e le vele. Conosco tanti istruttori e mi dispiace che alcuni ragazzini dicano di voler fare il corso per andare direttamente sulla tavola con il foil per volare. Se si parte subito con quella specialità si rischia di limitarsi e negarsi tutta la conoscenza. Andare per mare è fatto di piccole parti che fanno la differenza. Con la Lega Navale, che ha la funzione di formare e propagandare la cultura del mare, mi piacerebbe dare un contributo per i ragazzi che si avvicinano a questo sport.

 

Intervista di Maria Elisabetta Gramolini pubblicata sul numero di novembre-dicembre 2022 della rivista Lega Navale.

 

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Lo scorso 4 marzo è stato raggiunto uno storico accordo globale per la protezione dell’Alto Mare, un’area che si trova al di là della Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale - oltre le 200 miglia nautiche dalla costa - e occupa circa due terzi dell'oceano.

Questa zona fa parte delle acque internazionali, quindi al di fuori delle giurisdizioni nazionali, in cui tutti gli Stati hanno il diritto di pescare, navigare e fare ricerca. Allo stesso tempo, l'Alto Mare svolge un ruolo vitale nel sostenere le attività di pesca, nel fornire habitat a specie cruciali per la salute del pianeta e nel mitigare l'impatto della crisi climatica.

“La nave ha raggiunto la riva”, ha affermato l’ambasciatrice Rena Lee, presidente della Conferenza internazionale sulla biodiversità, che ha annunciato ai delegati degli Stati membri delle Nazioni Unite il raggiungimento dell’accordo sul Trattato globale sulla protezione gli oceani.

L’accordo persegue concretamente l’obiettivo 30×30, ovvero proteggere il 30% degli oceani entro il 2030, come deciso lo scorso dicembre dai Paesi che hanno partecipato alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità. L’accordo, inoltre, fornirà un quadro giuridico per la creazione delle Aree Marine Protette (AMP) in Alto Mare per salvaguardare la fauna selvatica minacciata da inquinamento, cambiamenti climatici e pesca intensiva. Verrà inoltre istituita una conferenza delle parti (Cop) che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati membri di discutere di questioni come la governance e la biodiversità marina.

La Lega Navale Italiana, da sempre impegnata nella protezione dell’ambiente marino e costiero, si unisce alla soddisfazione espressa in queste ore da molte associazioni ambientaliste per l’importante accordo raggiunto in sede Onu e auspica una rapida ratifica del Trattato da parte di tutti gli Stati membri.

 

Presentato lo scorso 1 marzo presso la Fondazione Marco Pannella a Roma "Burrasche. Diario di bordo 2022", il nuovo libro del giornalista e scrittore Carlo Romeo. L'incontro, moderato dal giornalista Antonello De Fortuna, ha visto la partecipazione dell'Ammiraglio Donato Marzano, Presidente Nazionale della Lega Navale Italiana e di Alessio Falconio, Direttore di Radio Radicale.

Il libro si presenta come il resoconto di una lunga navigazione nell'anno appena passato, segnato dallo storico passaggio da una pandemia globale ad una guerra combattuta alle porte dell'Europa. Accanto ad un'attenta riflessione sulle vicende d'attualità, raccontate attraverso la rassegna stampa che Carlo Romeo conduce su Radio Radicale, si intrecciano nelle pagine ricordi biografici di personaggi di spicco conosciuti dall'autore nel corso della sua vita personale e professionale, tra cui Andrea Camilleri, Enzo Tortora, Piero Angela e Marco Pannella. Non mancano, inoltre, racconti e aneddoti sul mare, nel libro vera e propria metafora di vita “per guardare lontano e tenere stretto l’intreccio tra passato e presente”, come spiega Paolo Mieli nell’intervista che introduce "Burrasche".

Nel suo intervento, l'Ammiraglio Marzano ha parlato della sua personale conoscenza con l'autore, avvenuta a bordo del Vespucci durante un comune imbarco risalente al periodo in cui rivestiva l'incarico di Comandante in Capo della Squadra Navale. Tra i diversi temi affrontati, il Presidente della LNI ha fatto riferimento alle questioni geo-strategiche che riguardano il Mediterraneo, in una fase "che ha fatto tornare indietro le lancette della storia di circa sessant'anni ai tempi della Guerra fredda" e sottolineato l'importanza di promuovere la cultura del mare, fulcro della missione istituzionale della Lega Navale Italiana, attraverso storie di mare e di marinai, tradizioni e aneddoti, ma soprattutto consigli pratici e prescrizioni di sicurezza presenti nel libro e raccontati dall'autore con un stile di scrittura incisivo.

 

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Indicazioni particolarmente positive sono emerse dalla visita negli scorsi giorni in Albania della Sezione della Lega Navale Italiana di Brindisi guidata dal presidente Salvatore Zarcone. Al centro degli incontri nel Paese delle Aquile, la crescita della Regata del Grande Salento Brindisi-Valona, che quest’anno dal 6 al 9 luglio si appresta a vivere la dodicesima edizione.

Contestualmente al miglioramento dei rapporti tra le due sponde sul piano socio-economico, culturale, turistico e sportivo, l’obiettivo primario era quello della sottoscrizione di un protocollo di intesa con il Marina di Orikum per consolidare la partnership già esistente e determinare le migliori condizioni logistiche e tecnico-organizzative per la regata.

A Tirana, nella sede della Concorde Investment – il gruppo immobiliare albanese proprietario del Marina di Orikum – è stato formalmente siglato un accordo di cooperazione con la LNI di Brindisi, condizione essenziale per il raggiungimento dei traguardi che le parti hanno individuato. La firma dell’accordo ha riscosso una grande evidenza mediatica per la presenza di importanti organi di informazione ed emittenti televisive albanesi.

Durante il soggiorno albanese, i rappresentanti della sezione brindisina della LNI hanno avuto modo di incontrare il Sindaco di Valona Dritan Leli, con il quale intercorrono da anni rapporti di stima e collaborazione proprio in funzione della regata velica. L’incontro si è svolto nel Municipio di Valona. Nonostante la scadenza di mandato proprio nel periodo della manifestazione velica, il primo cittadino ha comunque assicurato il proprio supporto e si è detto felice della personale partecipazione all’evento.

Nella stessa Tirana, nella sede del Ministero dell’Istruzione, la delegazione LNI è stata ricevuta da Albana Tole, viceministro dell’Istruzione e da Endrit Hoxha, viceministro allo sport. Erano presenti anche i direttori di alcuni dipartimenti universitari, che hanno dimostrato grande interesse per la regata Brindisi-Valona. Il mondo universitario albanese ed in particolare gli Atenei di Tirana e Valona hanno manifestato la volontà di collaborare con le università pugliesi e hanno già avviato contatti con l’Università del Salento. La regata è vista come occasione di ampliamento e intensificazione del rapporto di collaborazione al fine, peraltro, di garantire ai propri studenti un titolo accademico europeo. Per il successo della regata come strumento di sviluppo e di coesione tra le due sponde, è previsto un coinvolgimento diretto della stessa UniSalento, con cui la LNI ha sottoscritto un Protocollo d’Intesa nel 2021.

“Richiederemo il patrocinio ai due ministeri albanesi – ha affermato Salvatore Zarcone, Presidente della Sezione LNI di Brindisi – e prevediamo una fattiva collaborazione in occasione della Regata, non escludendo una loro presenza a Brindisi in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’evento velico, che si terrà presumibilmente a maggio nella sezione della LNI”.

Sul versante strettamente sportivo, inoltre, si avverte l’esigenza di costituire federazioni sportive albanesi per le discipline Olimpiche. A Tirana il presidente Zarcone, accompagnato da Sandro Colucci, esperto velista e rappresentante del gruppo vela della LNI Brindisi, ha incontrato i componenti dell’Amministrazione comunale che sono interessati a lanciare e potenziare vela e canottaggio in un bacino artificiale che si trova a pochi chilometri dalla capitale. Nella stessa giornata la delegazione LNI è stata ospite dell’emittente televisiva nazionale Vision Plus, partecipando ad una diretta televisiva dedicata alla prossima edizione della Brindisi-Valona, Regata del Grande Salento.

Si celebra oggi la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, istituita nel 2008 con il fine di promuovere in tutto il mondo l'inclusione delle persone con una malattia rara e la loro piena partecipazione in società.

La Lega Navale Italiana è da sempre attivamente impegnata nella promozione dell’inclusione sociale, nella sensibilizzazione sulle disabilità e le malattie rare e nell’avvicinamento al mare e agli sport nautici per tutti, senza barriere.

La scorsa estate, la LNI con la Delegazione di Torre Annunziata e la collaborazione di diverse Sezioni della Lega Navale del Tirreno ha organizzato una regata in venti tappe per promuovere la conoscenza e la diagnosi delle malattie rare con diverse iniziative e incontri. Sono partite il 6 giugno 2022 dal porto di Torre Annunziata due barche a vela condotte dai soci LNI Mario Santini e Rosario Gracco che hanno navigato fino a Marsiglia per sensibilizzare sulle cure e sostenere la ricerca scientifica nell’ambito dell’iniziativa “Issiamo le vele! Vento in poppa per la ricerca #thinkrare”, promossa dalla LNI di Torre Annunziata insieme alla Direzione Generale della Tutela della Salute e al Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania con la collaborazione dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e dell’Università di Marsiglia e il supporto di Motore Sanità.

Una malattia si definisce “rara” quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In Europa la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia 5 casi su 10mila persone. Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate ad oggi è di circa 10.000.

Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati rari sono circa 2 milioni e nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica. In base ai dati del Registro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola. In Europa, secondo i dati della Commissione europea, sono circa 30 milioni le persone con malattie rare.

Il Salento, in Puglia, è terra contesa tra due mari, battuta dal vento e crocevia di eroi, guerrieri o semplicemente di popoli in fuga. Le vie marittime del passato hanno influenzato queste terre, determinando rapporti, scambi commerciali e reciproche influenze. Una vocazione marittima confermata dai risultati ottenuti grazie alla ricerca archeologica subacquea del secolo scorso e le cui testimonianze (reperti) sono tutt’oggi oggetto di studio e a disposizione dei visitatori più curiosi.

Con queste premesse, all’interno di antichi borghi marinari, è ancora possibile stupirci e conoscere realtà formidabili, che ci riportano indietro nel tempo accompagnandoci in viaggi immaginari nel passato. Una di queste è il Museo del Mare Antico di Nardò (Lecce), città di antichissime origini che si estende fino al confine con la zona di Taranto. Il Museo del Mare Antico di Nardò è una finestra sulla storia del Mar Mediterraneo, un’unica grande sala espositiva attraverso la quale è possibile “navigare” a ritroso nel tempo, conoscere tecniche di pesca, modelli di società e piccoli aneddoti sui popoli che ci hanno preceduto. Il Museo, la cui gestione è oggi affidata all’Associazione The Monuments People, è un piccolo gioiello che nasce grazie alla collaborazione tra Comune, Soprintendenza ABAP per le province di Brindisi, Lecce e Taranto e Dipartimento per i Beni Culturali dell’Università del Salento. Oggi ospita importanti reperti di età romana provenienti da indagini archeologiche effettuate nel mare e lungo la costa neretina. Skipper del mio viaggio virtuale è stata la dott.ssa Oda Calvaruso, che, con puntualità, semplicità e tanta passione, mi ha accompagnato attraverso i mari a volte poco noti dell’antichità.

L’area museale è ben organizzata, funzionale e in grado di offrire al visitatore un’esatta riproduzione di antiche società. L’obiettivo è raggiunto grazie anche alla presenza di plastici, indispensabili per associare gli straordinari ritrovamenti esposti alle loro modalità di utilizzo, ad usi e costumi delle popolazioni che colonizzarono queste terre fra il II sec. a.C. e il III sec. d.C. Le riproduzioni che colpiscono maggiormente si riferiscono al sito archeologico di Frascone, nella Palude del Capitano, dove la sequenza stratigrafica e le evidenze messe in luce permettono di ipotizzare l’esistenza di un edificio (villa) detto del “Veterano”, databile al II secolo a.C., e di un villaggio di pescatori risalente alla seconda metà del III sec. d.C. La Villa del Veterano, di cui non si conoscono le dimensioni reali, fu edificata in età tardo repubblicana su un insediamento preesistente (forse una fattoria ellenistica). La villa era probabilmente specializzata nella produzione di vino e olio sia per autosussistenza sia per commercio. Particolarmente interessanti sono i frammenti di dolia, grandi contenitori in terracotta, che venivano utilizzati per custodire le derrate alimentari nei magazzini. All’interno del sito, nei pressi della facciata verso il mare, è stato trovato il “tesoretto monetale”, un gruzzolo seppellito volutamente all’interno di un vasetto in ceramica, rotto intenzionalmente nella parte superiore per inserirvi una grande quantità di monete d’argento: 125 monete d’argento, di cui 122 denari e 2 quinari romano-repubblicani e un denario emesso in Africa a nome del re Giuba di Numidia. Le monete risalgono a un periodo compreso tra la metà del II secolo a.C. e il 44 a.C.; appartenevano con tutta probabilità a un soldato impegnato nella spedizione di Cesare in Africa che si concluse con la sconfitta a Tapso di Giuba I di Numidia e dei suoi alleati pompeiani. Il militare, per motivi non noti, non tornò mai più a riprendersi il tesoretto e la villa probabilmente fu abbandonata. Nella seconda metà del III sec. d.C. il sito viene occupato di nuovo, ma con tutt’altra funzione: abitazioni molto semplici, a un solo ambiente, affiancate e modulari, realizzate con muri a secco in pietrame non squadrato, pavimenti in terra battuta e pareti rozzamente intonacate. Pesi da rete in ceramica e in piombo, ami in bronzo e chiodi a sezione quadrata da carpenteria navale rivelano che i suoi abitanti erano dediti alle attività di pesca.

L’insediamento sembra identificabile con uno di quei villaggi “di servizio” al territorio che punteggiano le coste del Salento in età romana, le “appendici costiere”. Seguono settori dedicati ad utensili e tecniche di pesca, conchiglie, patelle e gusci di molluschi utilizzati a scopo ornamentale per la creazione di bracciali e collane. In fondo alla sala è presente “una fetta di nave” con anfore la cui integrità trae in inganno. Non si tratta infatti di riproduzioni, ma di materiale recuperato in mare e perfettamente conservato: parliamo di oggetti “custoditi” dal relitto di Santa Caterina, una nave mercantile del II secolo a.C. situata a circa 300 m dalla costa di Punta dell’Aspide (Santa Caterina di Nardò), a una profondità di ca. 22-23 m. I resti della nave romana, individuati nel 1982 dal nucleo dei Carabinieri di Gallipoli, si presentavano adagiati sul fondo sabbioso, inclinati e poggiati su un lato, con un carico di anfore greco-italiche sparse su una superficie di 20x5 metri. Le anfore, di tipo greco-italico tarde, probabilmente di produzione locale (capacità massima fino a 36 litri) erano utilizzate per il trasporto di vino. Attualmente il relitto è coperto da sacchi di sabbia e da una rete metallica per proteggerlo da attività clandestine. Quanto appena descritto, non esaurisce gli argomenti, ma soprattutto non sostituisce la professionalità dello staff del museo, per cui l’invito è di visitare il Museo del Mare Antico di Nardò unitamente alle bellezze di questa straordinaria città del Salento.

 

Articolo di Fabio Dal Cin, pubblicato nel numero di settembre-ottobre 2022 della rivista "Lega Navale"

Foto: The Monuments People APS

 

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