Lo scorso 4 marzo è stato raggiunto uno storico accordo globale per la protezione dell’Alto Mare, un’area che si trova al di là della Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale - oltre le 200 miglia nautiche dalla costa - e occupa circa due terzi dell'oceano.
Questa zona fa parte delle acque internazionali, quindi al di fuori delle giurisdizioni nazionali, in cui tutti gli Stati hanno il diritto di pescare, navigare e fare ricerca. Allo stesso tempo, l'Alto Mare svolge un ruolo vitale nel sostenere le attività di pesca, nel fornire habitat a specie cruciali per la salute del pianeta e nel mitigare l'impatto della crisi climatica.
“La nave ha raggiunto la riva”, ha affermato l’ambasciatrice Rena Lee, presidente della Conferenza internazionale sulla biodiversità, che ha annunciato ai delegati degli Stati membri delle Nazioni Unite il raggiungimento dell’accordo sul Trattato globale sulla protezione gli oceani.
L’accordo persegue concretamente l’obiettivo 30×30, ovvero proteggere il 30% degli oceani entro il 2030, come deciso lo scorso dicembre dai Paesi che hanno partecipato alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità. L’accordo, inoltre, fornirà un quadro giuridico per la creazione delle Aree Marine Protette (AMP) in Alto Mare per salvaguardare la fauna selvatica minacciata da inquinamento, cambiamenti climatici e pesca intensiva. Verrà inoltre istituita una conferenza delle parti (Cop) che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati membri di discutere di questioni come la governance e la biodiversità marina.
La Lega Navale Italiana, da sempre impegnata nella protezione dell’ambiente marino e costiero, si unisce alla soddisfazione espressa in queste ore da molte associazioni ambientaliste per l’importante accordo raggiunto in sede Onu e auspica una rapida ratifica del Trattato da parte di tutti gli Stati membri.