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Lo scorso 4 marzo è stato raggiunto uno storico accordo globale per la protezione dell’Alto Mare, un’area che si trova al di là della Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale - oltre le 200 miglia nautiche dalla costa - e occupa circa due terzi dell'oceano.

Questa zona fa parte delle acque internazionali, quindi al di fuori delle giurisdizioni nazionali, in cui tutti gli Stati hanno il diritto di pescare, navigare e fare ricerca. Allo stesso tempo, l'Alto Mare svolge un ruolo vitale nel sostenere le attività di pesca, nel fornire habitat a specie cruciali per la salute del pianeta e nel mitigare l'impatto della crisi climatica.

“La nave ha raggiunto la riva”, ha affermato l’ambasciatrice Rena Lee, presidente della Conferenza internazionale sulla biodiversità, che ha annunciato ai delegati degli Stati membri delle Nazioni Unite il raggiungimento dell’accordo sul Trattato globale sulla protezione gli oceani.

L’accordo persegue concretamente l’obiettivo 30×30, ovvero proteggere il 30% degli oceani entro il 2030, come deciso lo scorso dicembre dai Paesi che hanno partecipato alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità. L’accordo, inoltre, fornirà un quadro giuridico per la creazione delle Aree Marine Protette (AMP) in Alto Mare per salvaguardare la fauna selvatica minacciata da inquinamento, cambiamenti climatici e pesca intensiva. Verrà inoltre istituita una conferenza delle parti (Cop) che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati membri di discutere di questioni come la governance e la biodiversità marina.

La Lega Navale Italiana, da sempre impegnata nella protezione dell’ambiente marino e costiero, si unisce alla soddisfazione espressa in queste ore da molte associazioni ambientaliste per l’importante accordo raggiunto in sede Onu e auspica una rapida ratifica del Trattato da parte di tutti gli Stati membri.

 

È stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Animals MDPI un lavoro del team italiano composto da Rosario Balestrieri e Claudia Gili della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Flavio Monti dell’Università di Siena, Emiliano Mori e Andrea Viviano del CNR IRET e Roberto Vento dell’Università di Palermo. Si tratta di un’indagine molto particolare sulla recente irruzione della gazza marina (Alca torda) – un uccello tipico dell’Atlantico settentrionale e dei mari del nord che nelle sembianze ricorda un pinguino – nei nostri mari e del ruolo dei social network nel monitoraggio di questo fenomeno.

Il gruppo di lavoro ha cercato nelle varie lingue e sui vari social network i post che documentavano la presenza della specie, consultando le banche dati di Citizen Science e diffondendo un form di raccolta dati tra i soci della Lega Navale Italiana. La ricerca ha descritto il movimento di irruzione di un imponente numero di individui di questa specie, che in modo anomalo hanno svernato nel Tirreno, spingendosi nel Canale di Sicilia, Mar Ionio, Adriatico fino a raggiungere a est la Grecia e a sud numerosi siti del Nord Africa. In alcuni di questi territori la specie non era mai stata rilevata, in altri non veniva osservata da circa un secolo. L’anomala presenza è stata facilmente rilevata anche dai cittadini privi di conoscenze ornitologiche, che in alcuni casi, non sapendo cosa potesse essere, hanno postato sui social foto dell’animale chiedendo informazioni al web.

Questa dettagliata raccolta dati ha consentito di produrre un quadro più chiaro sulla presenza e distribuzione di questa specie, facendo registrare un massimo di 747 individui in un sol giorno in Italia, nel tratto di costa che va dalla Liguria alla Calabria.

 

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FOTO: Rosario Balestrieri e Michelangelo Ambrosini

 
Nel Mediterraneo, più precisamente nel bacino corso-ligure-provenzale, c’è una concentrazione eccezionale di cetacei che proprio qui, grazie all’abbondanza di nutrimento, hanno trovato un habitat ideale. Le specie di mammiferi che frequentano regolarmente questa area sono otto: capodoglio, balenottera comune, stenella striata, grampo, globicefalo, tursiope, zifio e delfino comune. Così, proprio perché è considerata tra le più importanti per l’alimentazione e la riproduzione dei mammiferi marini, quest’area circa venti anni fa è stata selezionata per la creazione del santuario Pelagos per la protezione dei mammiferi marini, un unicum nel Mediterraneo sia per le finalità che persegue, sia per le sue caratteristiche di gestione. Protetto in virtù di un accordo internazionale, sottoscritto a Roma nel 1999 tra Francia, Italia e Principato di Monaco ed entrato in vigore nel 2002, il Santuario è un’Area Specialmente Protetta d’Importanza Mediterranea (ASPIM) ai sensi della Convenzione di Barcellona del 1976 e si estende su una superficie di 87 500 chilometri quadrati. Il versante italiano interessa Liguria, Toscana e Sardegna settentrionale. Tante specie diverse di cetacei devono però coesistere in un’area caratterizzata da elevati livelli di pressione antropica, che ne minacciano la sopravvivenza. Primo fra tutti l’elevatissimo traffico marittimo. 
 
 
L’accordo Pelagos nasce proprio per promuovere azioni comuni per la tutela dei cetacei e del loro habitat da tutte le cause di turbativa dovute alle attività umane. Inquinamento acustico, collisioni con le grandi imbarcazioni, catture accidentali nelle reti da pesca, inquinamento chimico e biologico di origine terrestre, inquinamento da plastiche, perturbazioni causate dal mancato rispetto del Codice di buona condotta Pelagos/ACCOBAMS ne sono un elenco parziale. L’ambiente marino, lo sappiamo, è un patrimonio prezioso che appartiene a tutti e i cetacei svolgono un ruolo chiave nel mantenimento degli equilibri ecosistemici. Noi possiamo prendere parte attiva alla salvaguardia dei mammiferi marini di Pelagos anche grazie al programma di citizen science ideato da Tethys, la ONG italiana che dal 1986 fa ricerca scientifica nel Santuario e, allo stesso tempo, contribuisce alla sensibilizzazione, anche attraverso il coinvolgimento come volontari di persone da tutto il mondo. Nell’ambito di questo progetto educativo rientrano le crociere di ricerca organizzate dall’istituto nel Mar Ligure, a bordo di un’imbarcazione che può ospitare 11 persone oltre al team di ricerca e skipper.
 
 
Non sono richiesti requisiti specifici, se non grande passione e spirito di adattamento perché si parteciperà attivamente a tutte le attività, sia quelle di ricerca sia alla normale vita di bordo, cucina e pulizie incluse. Le quote/donazioni dei partecipanti vengono impiegate dalla Onlus a parziale copertura dei costi della ricerca. Chi sceglie di fare questa esperienza ha l’opportunità di imparare e sperimentare le diverse tecniche di indagine e l’uso della strumentazione. A bordo, inoltre, ogni giorno si tengono lezioni per i partecipanti al programma di citizen science, momenti dedicati espressamente alla sensibilizzazione. Le crociere durano una settimana, volendo anche due, ed essendo la barca impegnata in lavoro di ricerca non ha l’obbligo di rispettare il codice di condotta previsto invece per i diportisti e gli operatori di whale watching, offrendo così un punto di osservazione unico. Ciò non significa che non si cerchi in ogni modo di limitare il più possibile di disturbare le diverse specie di cetacei. 
 
 
Responsabile del Cetacean Sanctuary Research, uno dei due progetti a lungo termine dell’Istituto Tethys, è Sabina Airoldi che ci ha spiegato la fondamentale importanza di proteggere i cetacei del Mediterraneo. “Queste specie, protette da tutte le convenzioni internazionali, si trovano al top della rete trofica e quindi, proteggendo loro, si protegge tutto l’ambiente in cui vivono. Infatti, sono definite specie ombrello”. Parliamo, insomma, di una sorta di reazione a catena per cui quando si riesce a mitigare gli impatti di origine antropica su di loro, che sono anche molto sensibili, agli inquinanti per esempio, si finisce per difendere tutto l’ambiente in cui vivono. “Non dimentichiamo poi” – ci ricorda – “che sono animali iconici, carismatici, e quindi un perfetto ponte tra scienza e sensibilizzazione”. Ma la vera notizia bomba la dottoressa la tiene per ultima. “I più recenti studi finanziati dal Fondo Monetario Internazionale hanno evidenziato quanto i grandi cetacei giochino a favore della lotta contro i cambiamenti climatici ‘fertilizzando’ il fitoplancton. Questa componente fondamentale degli oceani produce circa il 50 percento dell’ossigeno presente nell’atmosfera e assorbe il 40 percento della CO2 prodotta dalle diverse attività umane”. È evidente che il fitoplancton è fondamentale. Questo è composto da alghe unicellulari, invisibili a occhio nudo, che stanno sulla superficie dell’acqua poiché hanno bisogno di luce per la fotosintesi. Hanno però bisogno anche dei nutrienti, che invece si trovano sui fondali. “I grandi cetacei” – prosegue – “con i loro movimenti verticali lungo la colonna d’acqua (il capodoglio arriva fino a 1500 metri) portano in superficie quei nutrienti necessari al fitoplancton che stanno sul fondo e li mettono a disposizione delle alghe unicellulari”. Per non parlare delle deiezioni delle balene, che sono ricchissime in ferro e altre sostanze fondamentali per la fertilizzazione del fitoplancton. Per finire, questi cetacei trasportano il fitoplancton dalle zone ricche a quelle più povere durante le loro migrazioni. Persino morendo, finendo a grandi profondità, sottraggono tonnellate di carbonio dall’ambiente. Insomma, difendere i cetacei vuol dire difendere l’intero ecosistema marino. Pelagos è la loro grande casa nel Mediterraneo e un bene prezioso per il nostro mare.
 
Articolo di Marina Viola pubblicato nel numero di settembre-ottobre 2022 della rivista "Lega Navale"
 
Foto: Whale Watch Liguria, Santuario Pelagos
 
 
Il numero completo della rivista di settembre-ottobre 2022 è disponibile qui: https://www.leganavale.it/post/47690/rivista-lni-settembre-ottobre-2022
 

Dalla prima edizione del Salone Nautico di Venezia nel 2019, una grande attenzione è stata dedicata alla progettazione navale innovativa e sperimentale. Anche per il 2023 la manifestazione prevede di riservare degli spazi, all’interno dell’Arsenale, da dedicare a designer professionisti o studenti, singoli o associati, che possano esporre studi e progetti di barche di ogni tipologia e materiale durante i giorni del Salone, che si terrà quest'anno dal 31 maggio al 4 giugno.

A tale proposito, è stato promosso un bando internazionale per la presentazione del design più avanzato sia per ciò che riguarda la struttura di unità a motore e a vela sia per quanto concerne gli arredi degli interni, la componentistica e le propulsioni, con particolare enfasi sulla sostenibilità ambientale.

Possono candidarsi professionisti e studenti, singoli o associati, o società che hanno realizzato e/o semplicemente ideato progetti e studi di barche di qualsiasi tipologia e materiale. L’edizione 2023 verrà rivolta a progetti di imbarcazioni senza limiti dimensionali o parti delle stesse, i partecipanti saranno chiamati a elaborare proposte sul tema: “Soluzioni innovative per la sostenibilità e la flessibilità d’uso di unità charter da diporto. Concept per la progettazione e la gestione del ciclo di vita di unità a noleggio, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale.”

La partecipazione è gratuita e può avvenire singolarmente o in gruppo. I progetti potranno riguardare: unità a vela o a motore; monocarena o multiscafi; e anche parti specifiche di queste, quali ad esempio: la carena, la struttura, i sistemi di propulsione e/o la componentistica di dettaglio. Potranno essere presentati studi e progetti realizzati o non realizzati negli ultimi cinque anni, anche già presentati in occasione di concorsi di progettazione, pubblicati in riviste di settore e non, la cui titolarità dovrà essere dichiarata in fase di candidatura. I candidati dovranno obbligatoriamente iscriversi attraverso la compilazione del form di iscrizione, allegando la documentazione richiesta entro il giorno 14 marzo 2023, data di chiusura del bando.

Per ulteriori informazioni e per partecipare, è possibile consultare il bando
https://www.visitmuve.it/it/collabora/bando-per-la-selezione-di-studi-progetti-di-barche/

 

Contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

FOTO: MUVE Yachts Projects

Martedì 27 dicembre si è tenuto un webinar sull'inquinamento ambientale nel campo marittimo e le possibili soluzioni tecnologiche organizzato dalla Presidenza Nazionale della Lega Navale Italiana su proposta del Centro Culturale per la Formazione Nautica (CCFN).

L'evento ha fatto rilevare un grande interesse per il tema da parte dei soci LNI e di tutti i partecipanti.

La conferenza, moderata dal C.A. (ris) Vincenzo De Luca, è stata aperta dal Direttore del CCFN, Cav. Ivo Emiliani che ha ricordato i lavori in fase di sviluppo del Centro Culturale per la Formazione Nautica LNI e ha definito l’evento un “prototipo” preludente a una serie di analoghi incontri di carattere formativo e informativo il cui programma per il 2023 sarà reso noto nelle prossime settimane.

È seguito l’intervento di saluto del Presidente Nazionale della Lega Navale Italiana, Amm. Donato Marzano che ha tracciato un quadro dell’articolata attività della Lega Navale Italiana nella diffusione della cultura del mare e nella formazione nautica. Il Presidente LNI ha rimarcato il suo totale supporto all’iniziativa del CCFN, coerente con i valori e l’indirizzo istituzionale della Lega Navale.

"Un'occasione importante per riflettere sulla protezione ambientale del nostro mare, elemento vitale che da anni purtroppo stiamo attaccando. Questo webinar dimostra che la formazione nautica del socio della Lega Navale Italiana è composta di tanti aspetti diversi. Non solo la capacità di condurre un mezzo a vela o a motore, ma anche quella di saper approcciare il mare a 360° occupandosi di sicurezza, di tecnologia e di protezione dell'ambiente marino. Questi sono gli elementi positivi e distintivi della formazione in Lega Navale", ha affermato il Presidente Marzano nel suo intervento.

L’incontro è proseguito con una relazione a cura del Prof. Tommaso Coppola, membro del CCFN e docente di Costruzioni Navali e Sicurezza della nave presso la Facoltà di Ingegneria Navale dell’Università “Federico II” di Napoli.

Il relatore ha presentato il problema dell’inquinamento chimico legato al traffico marittimo e le tecnologie di oggi e domani per eliminare l’impatto ambientale delle navi. Particolare enfasi è stata rivolta ai nuovi combustibili (idrogeno, gas naturale, ammoniaca e metanolo) e alle nuove tecnologie (celle a combustibile e nuovi motori a combustione interna) che potranno migliorare la situazione nel prossimo futuro. Il webinar si è concluso con la discussione legata principalmente ai combustibili alternativi prodotti in Italia (Ammoniaca e Metanolo) e alla possibilità di ricavare idrogeno direttamente sulle navi partendo dall’acqua di mare.

 

Le slide proiettate durante l'evento dal Prof. Coppola sono disponibili nell’Area soci del Portale della Lega Navale Italiana (www.leganavale.it).

 

FOTO: European Environment Agency - European Union

Partito a fine ottobre, il progetto “MetaSea”, finanziato dal MISE, vede capofila l’azienda “Digital Atom”, startup innovativa fondata nel 2016 da studenti di Architettura e di Economia dell'Università di Catania e specializzata nello sviluppo di applicazioni per la realtà virtuale, insieme, tra agli altri, alla Sezione della Lega Navale Italiana di Aci Trezza e all’Università di Catania. 

Il progetto “MetaSea” consiste nella riproduzione di un museo marino virtuale contenente interazioni ed informazioni sull’ecosistema marino, utilizzando strumenti ed attrezzature altamente tecnologici e sofisticati, quali visori che consentano la fruizione dei contenuti immersivi in realtà virtuale, oltre agli innovativi dispositivi informatici per la realizzazione di questo tipo di contenuti, come software di modellazione, renderizzazione, macchine fotografiche e videocamere impermeabili con una massima risoluzione, in grado di catturare incredibili immagini a 360°.

La Lega Navale di Aci Trezza è impegnata nel progetto a fornire supporto logistico, in particolare per la parte relativa alle attività in mare come immersioni e rilievi fotogrammetrici.

Frutto di contributi accademici e di esperti, legati alla valorizzazione dei musei marini, il progetto mira alla realizzazione di molteplici obiettivi:

  • Un portale web per la fruizione del Museo Virtuale dell’Archeologia Subacquea e degli Organismi Marini, dove sono illustrati attraverso immagini/schede e ricostruzioni 3D i reperti di provenienza subacquea presenti nei Musei;
  • Un sistema di esplorazione virtuale e ricostruzione dei siti archeologici sommersi coinvolti nel progetto;
  • Una rete di nodi sensori sottomarini innovativi, dispiegabili in modo flessibile per il monitoraggio ambientale, funzionale alla verifica dello stato di conservazione dei siti, e alla localizzazione dei subacquei, il tutto finalizzato alla definizione di best practice per promuovere la conoscenza e il tessuto dell’archeologia subacquea;
  • Percorsi di visita sia reali che virtuali in ambienti sommersi e subacquei.

A fine ottobre sono ufficialmente iniziate le immersioni e le riprese nei fondali antistanti Capo Mulini (Acireale). Il team ha completato per la prima volta le attività di allestimento del sistema SUEX SINAPSI per la mappatura del sito del “Relitto della Timpa". Successivamente, sono state effettuate le prime immersioni e riprese nei fondali nelle acque antistanti Aci Trezza per la documentazione del sito al fine di individuare e pianificare, insieme al team tecnico-scientifico, l'acquisizione delle immagini. Il progetto potrà operare anche su altre aree oltre a quelle sopra citate, come il Parco Marino delle Egadi, di concerto con la Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia.

 

FOTO: Puccio Di Stefano

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