Nel Mediterraneo, più precisamente nel bacino corso-ligure-provenzale, c’è una concentrazione eccezionale di cetacei che proprio qui, grazie all’abbondanza di nutrimento, hanno trovato un habitat ideale. Le specie di mammiferi che frequentano regolarmente questa area sono otto: capodoglio, balenottera comune, stenella striata, grampo, globicefalo, tursiope, zifio e delfino comune. Così, proprio perché è considerata tra le più importanti per l’alimentazione e la riproduzione dei mammiferi marini, quest’area circa venti anni fa è stata selezionata per la creazione del santuario Pelagos per la protezione dei mammiferi marini, un unicum nel Mediterraneo sia per le finalità che persegue, sia per le sue caratteristiche di gestione. Protetto in virtù di un accordo internazionale, sottoscritto a Roma nel 1999 tra Francia, Italia e Principato di Monaco ed entrato in vigore nel 2002, il Santuario è un’Area Specialmente Protetta d’Importanza Mediterranea (ASPIM) ai sensi della Convenzione di Barcellona del 1976 e si estende su una superficie di 87 500 chilometri quadrati. Il versante italiano interessa Liguria, Toscana e Sardegna settentrionale. Tante specie diverse di cetacei devono però coesistere in un’area caratterizzata da elevati livelli di pressione antropica, che ne minacciano la sopravvivenza. Primo fra tutti l’elevatissimo traffico marittimo.
L’accordo Pelagos nasce proprio per promuovere azioni comuni per la tutela dei cetacei e del loro habitat da tutte le cause di turbativa dovute alle attività umane. Inquinamento acustico, collisioni con le grandi imbarcazioni, catture accidentali nelle reti da pesca, inquinamento chimico e biologico di origine terrestre, inquinamento da plastiche, perturbazioni causate dal mancato rispetto del Codice di buona condotta Pelagos/ACCOBAMS ne sono un elenco parziale. L’ambiente marino, lo sappiamo, è un patrimonio prezioso che appartiene a tutti e i cetacei svolgono un ruolo chiave nel mantenimento degli equilibri ecosistemici. Noi possiamo prendere parte attiva alla salvaguardia dei mammiferi marini di Pelagos anche grazie al programma di citizen science ideato da Tethys, la ONG italiana che dal 1986 fa ricerca scientifica nel Santuario e, allo stesso tempo, contribuisce alla sensibilizzazione, anche attraverso il coinvolgimento come volontari di persone da tutto il mondo. Nell’ambito di questo progetto educativo rientrano le crociere di ricerca organizzate dall’istituto nel Mar Ligure, a bordo di un’imbarcazione che può ospitare 11 persone oltre al team di ricerca e skipper.
Non sono richiesti requisiti specifici, se non grande passione e spirito di adattamento perché si parteciperà attivamente a tutte le attività, sia quelle di ricerca sia alla normale vita di bordo, cucina e pulizie incluse. Le quote/donazioni dei partecipanti vengono impiegate dalla Onlus a parziale copertura dei costi della ricerca. Chi sceglie di fare questa esperienza ha l’opportunità di imparare e sperimentare le diverse tecniche di indagine e l’uso della strumentazione. A bordo, inoltre, ogni giorno si tengono lezioni per i partecipanti al programma di citizen science, momenti dedicati espressamente alla sensibilizzazione. Le crociere durano una settimana, volendo anche due, ed essendo la barca impegnata in lavoro di ricerca non ha l’obbligo di rispettare il codice di condotta previsto invece per i diportisti e gli operatori di whale watching, offrendo così un punto di osservazione unico. Ciò non significa che non si cerchi in ogni modo di limitare il più possibile di disturbare le diverse specie di cetacei.
Responsabile del Cetacean Sanctuary Research, uno dei due progetti a lungo termine dell’Istituto Tethys, è Sabina Airoldi che ci ha spiegato la fondamentale importanza di proteggere i cetacei del Mediterraneo. “Queste specie, protette da tutte le convenzioni internazionali, si trovano al top della rete trofica e quindi, proteggendo loro, si protegge tutto l’ambiente in cui vivono. Infatti, sono definite specie ombrello”. Parliamo, insomma, di una sorta di reazione a catena per cui quando si riesce a mitigare gli impatti di origine antropica su di loro, che sono anche molto sensibili, agli inquinanti per esempio, si finisce per difendere tutto l’ambiente in cui vivono. “Non dimentichiamo poi” – ci ricorda – “che sono animali iconici, carismatici, e quindi un perfetto ponte tra scienza e sensibilizzazione”. Ma la vera notizia bomba la dottoressa la tiene per ultima. “I più recenti studi finanziati dal Fondo Monetario Internazionale hanno evidenziato quanto i grandi cetacei giochino a favore della lotta contro i cambiamenti climatici ‘fertilizzando’ il fitoplancton. Questa componente fondamentale degli oceani produce circa il 50 percento dell’ossigeno presente nell’atmosfera e assorbe il 40 percento della CO2 prodotta dalle diverse attività umane”. È evidente che il fitoplancton è fondamentale. Questo è composto da alghe unicellulari, invisibili a occhio nudo, che stanno sulla superficie dell’acqua poiché hanno bisogno di luce per la fotosintesi. Hanno però bisogno anche dei nutrienti, che invece si trovano sui fondali. “I grandi cetacei” – prosegue – “con i loro movimenti verticali lungo la colonna d’acqua (il capodoglio arriva fino a 1500 metri) portano in superficie quei nutrienti necessari al fitoplancton che stanno sul fondo e li mettono a disposizione delle alghe unicellulari”. Per non parlare delle deiezioni delle balene, che sono ricchissime in ferro e altre sostanze fondamentali per la fertilizzazione del fitoplancton. Per finire, questi cetacei trasportano il fitoplancton dalle zone ricche a quelle più povere durante le loro migrazioni. Persino morendo, finendo a grandi profondità, sottraggono tonnellate di carbonio dall’ambiente. Insomma, difendere i cetacei vuol dire difendere l’intero ecosistema marino. Pelagos è la loro grande casa nel Mediterraneo e un bene prezioso per il nostro mare.
Articolo di Marina Viola pubblicato nel numero di settembre-ottobre 2022 della rivista "Lega Navale"
Foto: Whale Watch Liguria, Santuario Pelagos